17 Aprile 2009
In campagna c’è la deflazione ma i prezzi al consumo aumentano

“I prodotti agricoli vengono pagati su valori inferiori in media dell’11,4 per cento rispetto allo scorso anno”.
Questo è il commento del presidente della Coldiretti del Friuli Venezia Giulia Dario Ermacora, in merito ai dati che emergono dall’analisi Ismea a marzo, a seguito della diffusione dei dati Istat sull’inflazione”.
“Questo – aggiunge Ermacora – dimostra che nelle campagne c’è deflazione. L'aumento della forbice dei prezzi tra produzione e consumo - sostiene il presidente - conferma la presenza di forti distorsioni esistenti nel passaggio degli alimenti dal campo alla tavola che danneggiano imprese agricole e consumatori. I prezzi – afferma Ermacora - aumentano quindi in media quasi cinque volte dal campo alla tavola e esistono dunque ampi margini da recuperare, con più efficienza, concorrenza e trasparenza, per garantire acquisti convenienti alle famiglie e sostenere il reddito degli agricoltori in un momento di difficoltà economica.”.
La caduta dei prezzi in campagna si registra per le produzioni vegetali (-15,8 per cento) che per quelle derivate dall’allevamento (- 5,2 per cento).
Il record della riduzione si è verificato per i cereali con un crollo dei prezzi alla produzione del 46,4 per cento rispetto allo scorso anno a marzo, ma un forte calo delle quotazioni alla produzione si è registrato anche per vini e oli di oliva che, su base annua, hanno fatto segnare in campagna drammatiche riduzioni, rispettivamente, del 26,2 per cento e del 24,6 per cento. Un flessione rilevante tra i prodotti di allevamento è accusata dal latte (- 11,1 per cento) e dai suini (- 9,4 per cento).
Al consumo la tendenza però non è la stessa.
“Assolutamente no – spiega Elsa Bigai, direttore della Coldiretti regionale-. I prezzi per l’alimentare aumentano su base annua del 3 per cento, in base ai dati Istat. Questo significa – continua la Bigai – quasi il triplo dell’inflazione media che si attesta all’1,2 per cento. Questo scarto in un solo mese, è costato agli italiani 300 milioni di euro e ciò a causa delle inefficienze e speculazioni. Un trend – va avanti la Bigai - che impoverisce le famiglie e le imprese agricole e purtroppo ci sono i casi della pasta e quelli di latte e formaggi che registrano rispettivamente un aumento del 11 per cento e del 2,2 per cento nonostante si sia verificato un vero crollo alla produzione per le quotazioni della materie prime che rischia di far chiudere aziende agricole e stalle che non riescono più a coprire i costi di produzione. È necessario – conclude il direttore - riorganizzare le filiere agroalimentari con un forte investimento su consorzi agrari e sulle cooperative che sono il perno sul quale ruota il progetto della Coldiretti per una filiera tutta agricola, tutta italiana e firmata dagli agricoltori”.